casapound a bologna

come se non bastassero gli studenti spioni che fanno le ronde per soccorrere (ahah) gli studenti ‘mbriagoni e il resto delle pietose brutture di questa città brutta ecco che apre una bella sede di casappound in via toscana al 9.

nazi per chi non lo sapesse.

nazi che parlano di mutuio sociale, di occupazioni abitative e c. ma nonostante questo decisamente nazisti e razzisti.

toccherà sfrattarli.

 

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bologna la stronza 2

da giap

 



EDITORIALE

Marcire
al passo dell’oca. Appunti dal Paese Semplice

[…] La zona dove abito verrà presto
chiusa alle auto.
Un mese fa su vetrine, muri e parabrezza del quartiere sono comparsi i
cartelli, "No alla pedonalizzazione".
L’altra sera il comitato del No ha convocato un’assemblea per decidere
che fare.
Ci sono andato. Ho alzato la mano e ho spiegato che a me la zona
pedonale piace, anche se ho due bimbi piccoli e spesso girare in auto
mi diventa necessario.
Mi hanno ascoltato per un minuto, incapaci di capire se fossi lì per
sfotterli oppure per sbaglio. Poi un signore garbato mi ha interrotto e
mi ha spiegato che quella non era una riunione per confrontarsi, ma per
decidere come contestare il provvedimento.
Allora mi sono scusato e ho chiesto se la riunione di confronto
l’avessero già fatta o messa in programma, perché ci tenevo davvero a
spiegare le mie ragioni.
Mi ha risposto una signora, scandendo le parole come si fa con gli
stranieri.
– Noi siamo già contrari. A che ci serve parlarne ancora?
Prima Regola: eliminare il dubbio. Il Paese Semplice è
un paese a priori […]


 

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Gli zingari rubano i bambini

ECCO! Avete appena letto una minchiata paurosa.

Siamo logici: un rom che ruba un bambino è come un cane che ruba le pulci agli altri cani. Perchè una persona che, mediamente, fa parte di famiglie piene di bambini dovrebbe rubarne ALTRI? Nessuno sano di mente lo farebbe.

Infatti nessuno lo fa.

NON esistono precedenti giudiziari, ma solo giornalistici.

Eppure sulla base di leggende dementi come questa oggi in questo paese orrendo si bruciano i campi rom dentro i quali, a mio avviso, solo accidentalmente non c’erano persone.

Inserisco dei link a proposito, presi dopo ricerchina google in 3 secondi, dove si legge, tra l’altro, che a rubare i bambini nomadi erano le popolazioni europee col proposito pazzesco di estirpare il nomadismo. Prendevano i bambini nomadi e li "affidavano" a famiglie stanziali. possiamo immaginare a fare quale fine di schiavitù e violenza.

http://eddyburg.it/article/articleview/2158/0/20/?PrintableVersion=enabled

http://www.kelebekler.com/reska/reska16-it.htm

http://nessunotv.gruppi.ilcannocchiale.it/?t=post&pid=1911371

Ma dopotutto è normale che sui bambini si concentrino le peggiori montature ed esagerazioni. Consiglio la lettura de "I bambini inventati".

http://www.liberonweb.com/asp/libro.asp?ISBN=882214032X

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La scuola dei disoccupati

di Joachim Zelter
edizioni isbn

http://www.isbnedizioni.it/index.php?p=edizioni_libro&book=44&type=1

come potete leggere nella pagina di recensione on line, il sunto è il seguente:
Germania anno 2016. Quel che resta della locomotiva d'Europa è una terra desolata, oppressa da dieci milioni di disoccupati. Per sanare questa piaga nasce SPHERICON, il campus-lager per disoccupati. I fortunati ammessi sono addestrati da martellanti istruttori english speaking, scrivono curricula, simulano telefonate e spulciano necrologi per proporsi alle aziende dove è morto qualcuno.

Io mi sento di aggiungere che è un libro agghiacciante nel suo essere drammaticamente plausibile.
La descrizione della scuola è fredda e distaccata e per questo sembra mettere sotto un neon luminoso e spietato tutti i fatti e i meccanismi psicologici che descrive.
Capita anche oggi, ogni giorno, in ogni corso di formazione aziendale, in ogni giornata di team building o simili, in ogni obbligata gita, cena, festa aziendale, in ogni colloquio di lavoro, selezione e verifica del personale, in ogni ingranaggio finalizzato all'affiliazione quasi familiare, senza dubbio affettiva, alla "famiglia azienda": l'apparato lavoro penetra nel privato, nel personale, negli affetti, nella psicologia e in mille altri campi che non dovrebbero appartenergli nemmeno lontanamente.
L'orrore è anche questo oltre alla precarietà, alla disoccupazione, alla routine, al lavoro medesimo che è orrore già di per sè e che invece diventa valore assoluto.
Lavoro la cui ricerca diventa sinonimo di ricerca della libertà tantè che i disoccupati della nostra scuola non sono e non torneranno ad essere liberi, tentè che nei discorsi dei trainers della scuola rimbomba la frase working is freedom…traducetela in tedesco o in italiano e poi ditemi che cosa vi ricorda…

Ve lo consiglio caldamente. 

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liberazione, sempre sul pezzo…

mi sono salvata la home di liberazione, giornale del prc, on line. appena capisco come fare la pubblico anche.

comunque il link è liberazione.it 

il punto che mi perplime è il seguente:

sono le 17.35 del day after la caduta rovinosa del governo cui ha contribuito anche il non voto di un rifondarolo e…liberazione ha ancora su la pagina del giornale di IERI…

 francamente, senza voler dare giudizi che mi viene da ridere, trovo però comprensibile l'imbarazzo…

ci saranno le diverse correnti pronte a dare ognuna il suo contributo al titolo di oggi e ancora non si saranno accordati.

 cose tipo:

"VITTORIA DEL POPOLO" (i trotzkisti)

"MORTE AL TRADITORE" (gli stalinisti)

e infine

"NON È SUCCESSO NIENTE"

dell'ala bertinottiana che mi sembra il punto di vista francamente + divertente che ho sentito su questa vicenda.

 Vedere la reuters per credere:

Giordano (Prc): sostegno al governo, non c'è alternativa
mercoledì, 21 febbraio 2007 5.06 16
   
 

ROMA (Reuters) – Il governo Prodi deve andare avanti perché non ci sono alternative, ha detto oggi il leader di Rifondazione Franco Giordano, assicurando che l'esecutivo ha il sostegno del suo partito.

"Noi riteniamo che questo governo debba continuare a vivere e il governo Prodi ha l'incondizionato sostegno del partito della Rifondazione Comunista", ha detto Giordano ai giornalisti fuori da Palazzo Chigi.

"Penso che non ci sia alternativa al governo Prodi in questo Paese", ha spiegato il leader di Rifondazione.

http://today.reuters.it/news/newsArticle.aspx?type=topNews&storyID=2007-02-21T160646Z_01_CIN157176_RTRIDST_0_OITTP-GOVERNO-GIORDANO.XML 

 

 

 

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umarell pugnett

nell'articolo sotto parlavo appunto di loro.

eccoli…

tremate. non sono affatto innocui come sembrano.

 http://umarells.splinder.com/ 

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Bologna la stronza

Già la fissa per quanto è figa Bologna mi ha sempre dato sui nervi. Adesso poi…

Città di teppismo senile fatto di insopportabili odiosi umarel che pensano che il fatto che hai o meno il biglietto in bus, che il modo in cui parcheggi e dove, che quello che fai nella loro stramaledetta città non sia affar tuo bensì loro. Solo loro.

Perchè Bologna in effetti è loro, gli altri ci passano. Loro e dei bottegai sempre chiusi tanto mica hanno bisogno di sbattersi con i prezzi assurdi cui ti costringono (stasera, piazza Aldrovandi, detersivo alvastoviglie sette euro e novanta…sedicimilalire…). Loro e dei padroni di casa ladri e truffatori che affittano come monolocali tipici cantine comprensive di ratti. Loro e i loro 50 fottuti anni di di sindaci del pci uguali a loro. Anzi no 50 più 3 (giusto?) di quell'essere allucinante che è Cofferati.

Che non è meglio di guazzaloca, anzi forse un po' peggio.

La storia di stasera gli sta a pennello a Cofferati, a Guazzaloca, ai vecchietti, ai pci della fottuta "vigilanza democratica", a Bologna, la grassa, rossa, dotta e irrimediabilmente stronza.

 Qalche anno fa ci indignammo qui a Bologna perchè il lavoro degli assistenti civici (perfetto prodotto del delirio socialdemocratico) che dovevano teoricamente aiutare le vecchiette ad attraversare, salvare i tossici e assistere glia stranieri in difficoltà era stato appaltato a una coop notoriamente esponente di Forza Nuova.

Ma evidentemente abbiamo fatto male a stupirci. Non era un fatto strano…

 

Fonte:
http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/chan/bologna:5459481:/2007/01/30:

SICUREZZA
Volontari pattugliavano la città
In casa manganelli e manette
Blitz della digos in casa di alcuni membri di associazioni cittadine che
aiutano a mantenere l'ordine pubblico. Nelle abitazioni trovate
attrezzature da 'picchiatori'

Bologna, 30 gennaio 2007 - Pattugliavano la città per aiutare a mantenere
l'ordine pubblico, controllavano che i cancelli dell'università fossero
chiusi, che non ci fosse brutta gente in giro. Ma dalle loro case sono
usciti manganelli, manette, nocchiere e altre attrezzature da "picchiatori"
che utilizzavano durante i loro servizi di "ronda". Trovati anche scanner
comunemente utilizzati per intercettare le radio della polizia e perfino
fotografie di un corso di guerra fatto in Estonia.

Protagonisti sono alcuni volontari di varie associazioni, attivi a sostegno
delle forze dell'ordine, con compiti di controllo del territorio: uomini di
45 anni circa, per lo più padri di famiglia. Tra di loro anche un
imprenditore.

Le loro case sono state ispezionate nell'ambito di una indagine partita
tempo fa. Nei loro confronti, infatti, la Procura ha avviato un'indagine e
ora, dopo le prime cinque perquisizioni del maggio scorso, oggi altri sei
volontari hanno ricevuto la visita degli agenti. Le associazioni sono
regolarmente iscritte all'albo della Protezione civile e sovvenzionate da
diversi enti ed istituzioni a Bologna tra cui il Comune di Bologna.

I volontari della sicurezza sono finiti nel mirino della Procura dopo le
denunce a carico di alcuni No global per episodi di resistenza. In realtà,
si è poi scoperto, con foto e filmati che lo dimostrano, che i No global
non si opponevano ad agenti delle forze dell'ordine, bensì a questi
"pattuglianti" da cui erano stati aggrediti. I casi risalgono al 2 giugno
2004 e poi al maggio di due anni fa, in occasione di altrettante
manifestazioni di No global.

Nelle case perquisite non sono state, però, almeno per il momento,
ritrovate bandiere né simboli politici che facciano ipotizzare un legame
tra le associazioni di pattuglianti e formazioni di estrema destra.
Tuttavia, stando ad alcune indiscrezioni, uno dei volontari coinvolti
nell'inchiesta tanti anni fa era stato condannato per ricostituzione del
partito fascista.

L'indagine, in mano alla Digos, si sta concentrando sulla ricostruzione
della storia di queste associazioni, i cui servizi volontari erano
finanziati per mezzo di convenzioni tanto dal Comune di Bologna (che però
ha interrotto i rapporti nel dicembre 2005, proponendo di continuare la
collaborazione ma a titolo gratuito) che da quello di San Lazzaro, così
come dall'Università di Bologna e dall'Ausl. In contatto con le istituzioni
e con le forze dell'ordine, i volontari di queste associazioni svolgevano
servizi di sorveglianza cittadina, stilando poi dettagliate relazioni.

Ad indagare, da tempo, è il procuratore Marina Plazzi, perché ci sono foto
e filmati che inchiodano coloro che aggredirono e picchiarono i no global
bolognesi. In occasione della manifestazione contro la guerra del 2 giugno
2004 in piazza Nettuno, si erano mescolati a carabinieri e polizia, in
borghese ma calzando guanti neri. Per i no global coinvolti nella
manifestazione, che avevano ricevuto una denuncia per resistenza a pubblico
ufficiale, dalla Procura fanno sapere che è già stata chiesta
l'archiviazione ma ancora non è stata disposta.
 
L'indagine. Sono state perquisite ieri le abitazioni di sei volontari del
settore sicurezza

Un arsenale da picchiatori nella casa dei vigilantes

Gli indagati appartengono ad associazioni convenzionate in passato anche
dal Comune


Marco Trevisan
bologna@ilbologna.com

Pattugliavano la città per aiutare a mantenere l'ordine pubblico. Almeno
così sostenevano. Ed avevano anche convinto qualche comune a dare loro un
po' di soldi per i servizi d'ordine in occasioni particolari. Ma dalle loro
case sono usciti manganelli, manette, nocchiere e altre attrezzature da
picchiatori che utilizzavano durante i loro servizi di "ronda". Trovati
anche scanner per intercettare le radio della polizia e perfino fotografie
di un corso di guerra fatto in Estonia. Una gran brutta storia, che riporta
alla memoria corsi paramilitari, infiltrazioni, provocazioni.

PROTAGONISTI di questa vicenda sono alcuni volontari di varie associazioni:
uomini di 45 anni circa, per lo pià padri di famiglia, tra cui un
imprenditore. Le loro case sono state ispezionate ieri mattina nel corso di
un'indagine avviata dalla Procura. Dopo le prime cinque perquisizioni del
maggio scorso, ieri à toccato ad altri sei volontari. Di questi, due sono
vigilanti appartenenti alla Avpl (Associazione volontariato po- lizia
locale di Castel Maggiore che conta sui 70 iscritti), gli altri quattro
fanno parte del "Corpo pattuglie cittadine", che conta circa un centinaio
di volontari. Entrambe le associazioni sono iscritte all'albo della
Protezione civile e sovvenzionate da diversi enti ed istituzioni a Bologna
tra cui il Comune. All'origine delle indagini condotte dal pm Marina
Plazzi, ci sono foto e filmati che inchiodano coloro che aggredirono alcuni
no global bolognesi in occasione della manifestazione contro la guerra del
2 giugno 2004 in piazza Nettuno. Due anni fa infatti alcuni manifestanti
vennero accusati di resistenza a pubblico ufficiale, in realtà, si à poi
scoperto che i no global non si opponevano ad agenti delle forze
dell'ordine, bensà a questi "pattuglianti" che si erano infiltrati fra i
carabinieri. Nelle case perquisite non sono state però, almeno per il
momento, ritrovate bandiere nà simboli politici che facciano ipotizzare un
legame tra le associazioni di pattuglianti e formazioni di estrema destra.
Tuttavia, stando ad alcune indiscrezioni, uno dei volontari coinvolti
nell'inchies ta tanti anni fa era stato condannato per ricostituzione del
partito fascista. L'indagine della Digos, si sta concentrando sulla
ricostruzione della storia di queste associazioni, i cui servizi volontari
erano finanziati per mezzo di convenzioni da Comuni, dall'Università e
dall'Ausl.



Archiviazione

Per i no global accusati nel
2004 di resistenza a pubblico
ufficiale la procura ha chiesto
l'archiviazione che però non è
ancora stata disposta.

Corpo storico
Il Corpo delle Pattuglie
Cittadine viene riconosciuto
formalmente nel 1820 dal ma
di esso si hanno tracce che
risalgono al 1813. 
 
Da una testimonianza raccolta:

"La spinosa questione del rapporto tra movimenti e pattuglianti cittadini a
Bologna è antica. Ne ho un ricordo distinto a partire dalla fine del 1969
quando, studente medio, durante una delle tante occupazioni del mio
istituto, avemmo a che fare con questi figuri. Passavano in ronda notturna a
minacciarci e a strappare i nostri manifesti a lato del portone della
scuola. Noi stavamo barricati dentro poichè non disponevamo di alcuna
struttura organizzata di autodifesa. Ma poi, ai primi del '70, col mio
collettivo di istituto entrammo in Potere Operaio; le scorribande finirono
poichè la struttura di autodifesa l'avevamo, eccome se l'avevamo. Erano i
tempi dell'antifascismo militante e delle inchieste sui fascisti; tra il '70
e il '73 la mappa dei fasci ci era più che nota e agimmo di conseguenza, e
con maggiore motivazione dopo l'aggressione a freddo, vigliacca, a Jeak
nostro compagno di collettivo il quale una mattina recandosi a scuola fu
pugnalato alle spalle da una squadraccia. La lama entrò fino a ledere il
polmone destro. Lo strappammo a morte sicura grazie al nostro rapido
intervento.
Senza entrare nei particolari, posso affermare che il fenomeno delle bande
di picchiatori fu efficacemente arginato poi, col tempo, debellato. I
pattuglianti cittadini, tornando all'argomento, per noi erano un fenomeno
correlato: sempre di notte, subivamo fermi arbitrari e alle volte percosse;
durante i frequenti attacchinaggi ci strappavano i manifesti quando non ci
consegnavano direttamente alla Polizia. In Questura ci arrivava il resto.
Cercammo di capire chi fossero costoro e perchè ce l'avevano con noi. Non fu
difficile stabilire, viste le modalità di azione, che erano null'altro che
una banda armata fascista legalizzata. Il problema era che a differenza dei
nostri fascistelli, perlopiù giovani studenti come noi, armati -solo- di
coltelli, portavano pistole nella fondina sotto le giacche, e con regolare
porto d'armi rilasciato dalla Questura. Su costoro -l'intervento- lo si
faceva, ma di rado e usando una comprensibile cautela; chiamiamola così.
Questo però solo tra il '75 e il 79. Ma questa è un'altra storia che se vuoi
possiamo affrontare un'altra volta.
Per farla breve la percezione che ne avevamo, con il modo di interpretare le
cose in voga allora (d'accordo, magari un pelo sopra le righe) era che il
rapporto tra loro e la Polizia era lo stesso che intercorreva tra
repubblichini e tedeschi durante la guerra: ovvero ignobili manutengoli. Non
a caso, almeno a quei tempi, facevano i turni notturni seduti comodamente
nelle volanti: due poliziotti davanti, un pattugliante dietro."
 
dalla lista del Bsf






 
 
 

 

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Perchè Repubblica è il mio giornale

Amo la Repubblica, non potrei mai farne a meno.

Ovviamente non perchè cerchi delle informazioni o delle notizie sensate ad esempio su cosa accade nel mondo.

Quelle le cerco altrove. Magari sul sole 24 ore, sul Pais, in rete. 

Adoro Repubblica perchè solo li trovi il sugo grasso, brodoso, corposo e profumato di follia con cui condire qualsiasi visione del mondo che non potrà mai essere men che sciapa messa a confronto di quel ragù di minchiate, invenzioni, morbosità, truculenze e paranoie che è l'essenza degli articoli di Repubblica.

Come dimenticare gli articoli degni delle migliori scuole di retorica che tal Bianchin scriveva sul serial killer Stevanin?

I palloncini pieni di sangue infetto che i manifestanti di Genova avrebbero lanciato sulle forze dell'ordine?

Sorvolo sulle recenti spystory anglorusse e sull'infinita epopea di Erba e segnalo il capolavoro odierno.

IL QUESTIONARIO INVIATO A 600 PIRATI INFORMATICI!

MIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIINCHIA!

GENIALE.

Buona lettura, io corro in edicola.

 

Uno studio analizza il profilo di una figura difficile da catalogare
"L'ultima generazione è molto giovane e non teme le leggi"

L'identikit dell'hacker del Duemila
"La criminalità al posto dell'etica"

"Ci sono ragazzini che per 5.000 euro attaccano il sito di un'azienda concorrente"
di MATTEO TONELLI

<B>L'identikit dell'hacker del Duemila<br>"La criminalità al posto dell'etica"</B>

Raoul Chiesa

ROMA – Il fine ultimo è chiaro: definire le differenze tra hacker "puri" e hackers "criminali". Fornire un quadro dettagliato di un mondo di cui spesso si sa poco e quel poco che si sa è tutt'altro che preciso. Per questo è nato il progetto Hpp-hacker's profiling project. In pratica una delle più grandi ricerche sul mondo hacker fatta fino ad oggi. E' partita con l'invio di un questionario (diffuso attraverso la realizzazione di un sito internet), a circa 600 hackers di tutto il mondo. Un questionario che, pur essendo solo il punto di partenza dello studio, offre però interessanti spunti di discussione. Ne parliamo con uno degli autori, Raoul Chiesa.

Chiesa è stato uno dei primi hacker italiani (fu anche arrestato per l'intrusione nel sistema informatico della Banca d'Italia) e attualmente gestisce una società di sicurezza informatica.

Si può definire una figura di hacker tipo?

"Esattamente come nel "mondo normale", dove ogni persona è differente dall'altra, anche nel mondo dell'hacking ogni hacker è una persona a sé, con i suoi gusti, abitudini, cultura, esperienze, hobby. Ad oggi il progetto Hacker's Profiling ha identificato nove categorie di hacker, ognuna delle quali è spinta da motivazioni differenti, opera verso obiettivi diversi e, soprattutto, rientra in fasce di età e comportamenti nettamente dissimili: Wannabe Lamer (l'incapace), Script Kiddie (il ragazzini degli script), Cracker (il distruttore), Ehical Hacker (l'hacker "etico"), Quiet, Paranoid & Skilled Hacker (l'hacker "paranoico"), Cyber Warrior (il mercenario), Industrial Spy (la spia industriale), Military Hacker (arruolato per combattere "con un computer")".


Che età hanno?

"Si parte dai 9, 10 anni di età delle prime categorie, sino ad arrivare a figure esperte di 40, 50 o 60 anni".

Stando ai dati, perché si diventa kacker?
"La risposta standard è 'per curiosità'. Curiosità di imparare un nuovo sistema operativo, scoprire una nuova vulnerabilità. Volontà di non subire il mezzo informatico ma, anzi, di gestirlo attivamente".

A che età si diventa hacker?

"L'ultima generazione di hacker sta iniziando molto presto, complice l'enorme diffusione di internet e dei personal computer già nell'età prescolare. La precedente generazione iniziava invece all'Università, non essendo presente in quegli anni una diffusione delle telecomunicazioni e dell'informatica com'è invece oggi".

L'hacker è un Robin Hood del 2000 o un criminale?
"Purtroppo l'hacking ha man mano abbandonato, quello spirito gioviale e puro, per sposarsi in alcuni casi, che aumentano però oramai quotidianamente, con la criminalità. Questo significa che oggi, a differenza di anni fa, è possibile assoldare hacker, per scopi ed obiettivi ovviamente illegali: spionaggio industriale, furto di credenziali di accesso bancarie o identità personale, danneggiamento di sistemi informativi e così via. Resiste, per fortuna, lo spirito hacker iniziale, grazie al quale sono proprio gli ethical hacker a scoprire vulnerabilita', frodi e truffe che potrebbero colpire l'utene ignaro e che, invece, vengono scoperte e denunciate da coloro che hanno deciso di utilizzare la propria conoscenza per fini benevoli".

Etica hacker? Che significa?
"In principio, l'etica hacker di base consisteva in una serie di regole chiare e semplici: non danneggiare i sistemi informativi che attacchi, non danneggiare economicamente l'utenza privata, rispetta il sistema
operativo e le reti che violi, non mischiare l'hacking con il denaro e la politica. Nel corso degli anni queste regole hanno subito delle variazioni, sono diventante più "elastiche" da un lato, e meno restrittive dall'altro. Si sono anche scontrate con l'evoluzione della tecnologia e dei mercati, oltre che con le sempre più pressanti richieste della criminalità organizzata, nazionale ed internazionale. Oggi ci si può trovare di fronte a 15enni che, senza batter ciglio, accettano 5.000 euro in contanti per attaccare il sito di un'azienda concorrente, ed allo pseudo hacker "etico", che in realtà non lo è, a rubare informazioni per cifre di poco superiori, come si legge sui giornali. Siamo quindi di fronte a problematiche serie, dove solo l'etica può fare l'effettiva differenza tra il serio professionista e coloro che hanno deciso di sposare la criminalità".

Dal questionario viene fuori che non temono le conseguenze legali: ma che rischi si corrono realmente?
"Un dato veramente particolare è quello relativo alle legislazioni anti computer-crime. Queste leggi, oramai, sono presenti nella maggior parte dei paesi del mondo eppure, abbiamo visto come per nessun hacker queste leggi comportino un "blocco", una sorta di effetto deterrente. Questo nonostante l'asprezza, nella maggior parte dei paesi, di queste leggi: in Italia si richia da un minimo di due o tre anni, unitamente al pagamento di salate multe; negli Usa si può addirittura richiare il divieto di utilizzare computer ed internet per un certo periodo; in altri paesi ancora, come la Cina o Singapore, vi sono punizioni corporali ed, in alcuni casi, la pena di morte. Quello che è incredibile è proprio il fatto che, nonostante queste dure legislazioni, hacker di tutto il mondo continuino a fare hacking, consapevoli dei rischi, certo ma, quasi in una sorta di "estasi e dipendenza da droga" (Hacking Addiction, ovverosia dipendenza dall'hacking) dalla quale non riescono a staccarsi".

Prende piede una nuova figura di hacker, quelli militari? Di che si tratta?
"Il Military Hacker ha visto la luce durante la prima Guerra del Golfo, agli inizi degli anni '90. Questo in quanto i governi di vari paesi (USA, Korea del Nord e del Sud, Cina) e la nascente minaccia del terrorismo hanno iniziato una compagna di Information WarFare, "guerra dell'informazione". Oggi le guerre sono sempre più combattute con il supporto della tecnologia, ed oggi più che mai "l'informazione significa potere", come affermano da sempre gli hacker. E' stato quindi naturale vedere la nascita di queste unità speciali, dove spesso troviamo ex-hacker, legalmente arruolati all'interno di corpi speciali di stampo militare".

 

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piazza fontana

Alla prima manifestazione del 12 dicembre cui partecipai, ero al liceo, qualcuno distribuiva dei volantini con un testo di Pasolini. Lo detesto come regista, non lo amo molto come scrittore e la sua sbrodolata su Valle Giulia a difesa degli sbirri poveri figli del popolo miha sempre dato sui nervi ma questo testo mi cambiò la vita ai tempi.

mi ricordo che lo avevo incollato sulla Smemo (si era d'ordinanza la Smemoranda) e spesso lo rileggevo perchè metteva su carta e rendeva fluidi e logici molti ragionamenti che per me erano ancora solo pensieri confusi e smozzicati. 

Piazza Fontana la ricordo sempre con questo testo da allora. Anche oggi. 

Io so. 

Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). 

Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum. Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile…

Pier Paolo Pasolini 1974 

invece per controinformazione e simili si può partire da qui:

http://www.ecn.org/ponte/fontana/index.php

non sapere la verità sulla propria storia leva infinita dignità.

intuirla e dedurla inquieta anche di più. 

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così disse mia nonna

mia nonna che già di suo aveva un nome notevole (Alea, nel senso proprio di "alea iacta est"…e si vede che suo padre gli è venuto lo stranguglione quando la moglie gli ha detto che era incinta…) er anche una persona notevole.

lontanissima da come sono le nonne tipiche: una virago alta, secca, autoritaria, dotata di due cose in particolare: un talento incredibile in cucina (purtroppo, per i suoi, virato immancabilmente sul fritto) e un notevole sense of humor.

oggi ho scoperto che nonostante fosse decisamente una signora piccoloborghese  usava un modo di dire molto popolare e molto genovese per stigmatizzare che qualcuno gli stava irrimediabilmente antipatico.

dialogo tipico:

conoscente della nonna "eh scignua t'è vistu? se spusa a Gina"

nonna: "ah sci? e con chi?"

conoscente : " eh se spusa cu Giovanni, il carbunin, bello nu l'è ricco nemmeno però almeno u l'è simpatico"

nonna (in tono di mugugno*): "umpf, simpatico… simpatico alle guardie…"

e questo chiudeva l'argomento.

 

* un post apposito affronterà poi il vasto argomento del senso profondo e ancestrale del "mugugno" genovese 

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